Le fasi della storia di Napoli
| Le origini |
| Le antichissime origini di
Napoli affondano nella leggenda, o meglio, in una serie di leggende. Al centro di tutte,
c'è la sirena Partenope, che, affranta per l'astuzia di Ulisse sfuggito al potere del
canto delle sirene, si sarebbe Dalle informazioni storiche, in effetti, si sa che coloni greci si insediarono dapprima nell'isola di Ischia (IX secolo a.C.), per trasferirsi poi a Cuma e, solo nel VI secolo a.C., fondare la città di Partenope sull'isola di Megaride. Si trattava più che altro di uno scalo commerciale per mantenere i contatti con la madre patria, che, in un secondo momento, si espanse sul vicino Monte Echia (Pizzofalcone), assumendo la struttura di un piccolo centro urbano. |
| Napoli greco-romana |
![]() Nel 470 a.C., i greci Cumani
decisero di fondare una vera e propria città, scegliendo una zona più ad oriente della
vecchia Partenope, zona che corrisponde all'attuale centro storico; il nome prescelto fu
quello di Neapolis ("città nuova"), per distinguerla dal precedente nucleo
urbano (Palepolis, "città vecchia"). Probabilmente, in questa fase, la città
era una repubblica aristocratica retta da due arconti e da un consiglio di nobili.
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| Il ducato di Napoli |
La divisione dell'Impero
romano, le invasioni barbariche nella penisola, e poi la caduta dell'Impero Romano
d'Occidente (476 d.C.) determinarono la storia di Napoli nell'Alto Medioevo. Nel 536
Giustiniano, imperatore d'Oriente, inviò Belisario a conquistare la città, che pur si
difese valorosamente; poi, nel 542, Napoli fu invasa dai Goti, che sbaragliarono le forze
bizantine; queste, tuttavia, nel 553 si ripresero la città sotto il comando di Narsete,
che con una grande battaglia ai piedi del Vesuvio scacciò definitivamente i Goti dalla
Campania. In seguito,
pur sotto la sgradita dominazione bizantina, la città dovette respingere forti e rozzi
nemici come i Longobardi e i Vandali. Dopo un tentativo di indipendenza nel 615, che
portò a un governo autonomo di breve vita, l'imperatore d'oriente nel 661 accolse le
istanze dei napoletani, nominando un duca napoletano a capo della città: Basilio. In
questo modo, pur dipendendo formalmente da Bisanzio, la città dispose di un governo
proprio, che fu dapprima nominato dai bizantini, poi divenne elettivo, e infine
ereditario. Ciò durò dal 661 al 1137, periodo di aspre lotte in cui Napoli fu tutto
sommato una delle poche isole di civiltà rimaste nella penisola ormai soggiogata dalle
popolazioni barbare. |
| Il dominio normanno |
| Nei secoli di governo ducale,
Napoli si trovò spesso contrapposta ai Longobardi e ai Saraceni, e per questo ricorse a
volte al supporto di altre popolazioni, chiamate in forma mercenaria ad aiutare le difese
napoletane. Fu il caso dei Normanni, a cui fu concesso il feudo di Aversa in cambio della
resistenza alle mire espansionistiche di Benevento. Ma questi, sotto la dinastia degli
Altavilla, ben presto non seppero più accontentarsi del loro |
| Napoli sveva |
| Napoli angioina |
| Nel 1266, chiamato in Italia dal papa, Carlo
d'Angiò, fratello del re di Francia, sconfisse Manfredi a Benevento e assunse la corona
del regno del Sud. Per decisione di Carlo, la città divenne capitale del regno
(nonostante le forti La stirpe dei Durazzo, ramo secondario dei d'Angiò, portò sul trono di Napoli, dopo Carlo, il giovane Ladislao; grosse ostilità vennero a questi da Luigi II d'Angiò, che aveva pretese al trono, e che portarono alla divisione della città in due fazioni. Tuttavia, Ladislao finì per prevalere, e fu anche un buon sovrano; nel 1404, col desiderio di unificare la penisola, conquistò Roma, ma dovette abbandonarla nel 1409. Morì appena quarantenne, lasciando il trono alla sorella Giovanna, anch'essa dedita, come la sua omonima antenata, più alle tresche amorose e agli scandali che alle attività di governo. |
| Napoli aragonese |
| Qualche anno prima di morire, Giovanna Durazzo,
sentendosi in pericolo, chiese aiuto ad Alfonso d'Aragona, re di Sicilia, e l'adottò,
legittimandone |
| Il vicereame spagnolo |
| Si attribuisce questa definizione ai due secoli di
dominazione colonialista compresi tra il 1503 e il 1707: la corona di Madrid esercitò il
suo potere su Napoli e sul regno con avidità e incapacità; uno stuolo di viceré si
successe alla |
| Il Settecento borbonico |
Gli anni successivi al 1707 costituirono un periodo
di transizione, caratterizzato da un vicereame austriaco che non lasciò grandi segni
sulla storia cittadina. Nel 1734, sul trono di Napoli salì Carlo di Borbone, erede
designato della dinastia spagnola, che -a dispetto della sua discendenza- da subito
improntò il suo regno ad una maggiore autonomia rispetto ai due secoli precedenti. Il
sovrano, al trono come Carlo VII, attuò una serie di riforme nei settori
dell'amministrazione, del fisco, del commercio e in quello militare, che costituirono un
nuovo impulso per lo sviluppo nei decenni successivi di attività che ancora oggi
caratterizzano il tessuto economico e produttivo di Napoli: dalle attività artigianali
(l'arte presepiale, ma anche le lavorazioni del corallo, delle ceramiche e porcellane, dei
metalli preziosi, del legno) a quelle industriali (i cantieri navali di Castellammare, la
manifattura di S. Leucio), a quelle commerciali (il porto di Napoli). Forte fu inoltre il
suo impegno per il contenimento del potere temporale del clero e per l'abbattimento dei
privilegi feudali ancora esistenti all'epoca. Il regno di Carlo I ha lasciato importanti segni anche nell'architettura e urbanistica cittadina (nel 1737 fu inaugurato il Teatro San Carlo; nel 1738 si avviarono i lavori per l'edificazione della Reggia di Capodimonte e della Reggia di Portici; nel 1751 fu affidata a Ferdinando Fuga l'edificazione del Real Albergo dei Poveri; l'anno successivo Luigi Vanvitelli
iniziò la realizzazione della Reggia di Caserta,
sul modello di Versailles; nel 1757 lo stesso Vanvitelli progettò il Foro Carolino,
l'attuale Piazza Dante) e nella cultura dell'epoca
(il San Carlo divenne il tempio della musica italiana ed europea, quarant'anni prima della
nascita della Scala di Milano, e in questi anni raggiunse il massimo splendore la scuola
musicale napoletana; gli scavi di Ercolano e Pompei divennero parchi archeologici
tutelati, e per il loro studio si investirono grandi risorse; si fondò la fabbrica delle
porcellane di Capodimonte; giunse a Napoli la collezione Farnese, oggi vanto del Museo Archeologico).La corona di Carlo vacillò nel 1740, quando -a seguito della guerra tra Spagna e Austria- il Regno di Napoli sembrò dover passare sotto un'altra dominazione; il sovrano si oppose però a tale decisione, e difese con l'esercito l'indipendenza del Mezzogiorno d'Italia dalla corona austriaca.
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| Il decennio francese |
| Giuseppe Bonaparte regnò a Napoli per appena tre
anni (1805-1808), nel corso dei quali avviò in città alcuni rilevanti lavori pubblici
(tra cui la strada che attraversa Posillipo) e
realizzò una riforma amministrativa, ampliando i confini di Napoli -suddivisa in dodici
quartieri-, istituendo la figura del sindaco, supportato da un organo elettivo, e
introducendo il catasto urbano. In questo periodo furono anche istituiti l'Orto Botanico, a via Foria, e il Conservatorio di
Musica, che trovò sede nel convento di S.Pietro a Majella, e che tanto avrebbe
contribuito in seguito alla fioritura della musica napoletana.
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| Il ritorno borbonico |
Con il Congresso
di Vienna, fu decretato il ritorno a Napoli di Ferdinando di Borbone, che stavolta salì
al trono con il nome di Ferdinando I, dopo aver unificato il Regno di Napoli e quello di
Sicilia nel "Regno delle Due Sicilie". Tra i primi atti del nuovo governo,
Ferdinando introdusse nuovi innovativi codici gIn questi anni, viene edificato il Palazzo S.Giacomo nell'attuale piazza Municipio, quale sede dei nuovi ministeri del Regno; nel 1816, si avvia la risistemazione del largo di Palazzo (l'attuale Piazza Plebiscito), ribattezzata Foro Ferdinandeo, con l'edificazione dell'imponente proscenio neoclassico della chiesa di San Francesco di Paola e l'aggiunta delle due statue equestri dei sovrani Carlo e Ferdinando di Borbone; nello stesso anno, Ferdinando fa realizzare per la moglie morganatica, duchessa di Floridia, la bella Villa Floridiana al Vomero; nel 1819, viene istituito l'Osservatorio Astronomico, il primo in Europa. Il 1820 fu l'anno dei moti liberali in Europa, e a Napoli questi si riflessero nella rivolta capeggiata da Guglielmo Pepe. Spaventato da questa nuova crisi, Ferdinando assunse un atteggiamento ambiguo e proditorio, concedendo dapprima la Costituzione, e chiedendo poi l'intervento militare austriaco, per poterla abrogare. Nel 1825, morto Ferdinando, gli successe Francesco I, che regnò
per pochi anni, senza lasciare segni notevoli. Nel 1830 salì al trono Ferdinando II, che
invece conquistò da subito la benevolenza del suo popolo, e inizialmente anche la stima
dei liberali italiani |
| Napoli dopo l'Unità d'Italia |
Alla morte di Ferdinando, gli succede il giovane Francesco II, che sarà
l'ultimo Re delle Due Sicilie. E' il 1860, e lo sbarco a Marsala dei Mille guidati
da Garibaldi è agevolato dall'ammutinamento della marina borbonica, e dalla benevolenza
di alcuni generali di stanza in Sicilia; mentre risalgono lo stivale, i garibaldini
acquisiscono il consenso dei liberali, della diplomazia inglese e piemontese, della
borghesia e perfino della camorra. Francesco II, per non tingere di sangue la capitale,
porta il suo esercito a nord, al di là del fiume Volturno, e attende i garibaldini, che
affronterà nella battaglia di Caiazzo. Stretti tra l'esercito di Garibaldi a sud e quello
piemontese, che nel frattempo penetra da nord sotto il comando di Vittorio Emanuele II, i
reggimenti napoletani si arroccano nella fortezza di Gaeta, dove resistono a lungo, ma
senza possibilità di ribaltare gli esiti della guerra. Così, con lo storico incontro di
Teano, Vittorio Emanuele si vede consegnare tutto il Mezzogiorno d'Italia e il 7 settembre
Garibaldi entra a Napoli e, dal balcone di Palazzo
Doria d'Angri, annuncia al popolo l'annessione al nascente Stato italiano, sotto la
corona sabauda; il plebiscito del 21 ottobre confermerà quest'atto.I successivi sono anni di cambiamento e assestamento, soprattutto per la popolazione, alle prese con una nuova realtà politica e con un governo lontano e indifferente; nelle campagne si diffonde il fenomeno conosciuto come "brigantaggio", e la repressione è dura, con l'invio di un esercito di 120.000 uomini. |
| Napoli contemporanea |
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